Oggi 18 Febbraio, avrei voluto essere a Milano alla Fondazione Carlo Maria Martini per la due giorni in ricordo del gesuita biblista che fu arcivescovo di Milano dal 1980 al 2002 e che si spense a Gallarate il 31 agosto 2012, dopo gli anni trascorsi a Gerusalemme.
Non mi è stato possibile. Domani, forse…
Come capita spesso nella vita, gli incontri belli avvengo per caso. Oggi ho avuto questa fortuna ma che considero pilotata dall’Alto (l’amato arcivescovo Martini).
Sto parlando di un giovane medico incontrato su facebook, PAOLO SPINA, che adesso mi onora della sua amicizia.
Virtuale?
Non può essere, perché abbiamo un AMORE in comune ed è il motivo di questo legame a distanza: GESU’.
Sfogliando il suo sito, mi ha colpito la sua ultima festa di SAN VALENTINO trascorsa in una località incantevole della Toscana: SAN MINIATO AL MONTE. Se le foto parlano da sole, la ricorrenza la facciamo raccontare a lui.
UNA FERITA CHE NON GUARISCE
Sono passati quasi otto anni da quel pomeriggio in cui un professore di chirurgia – asciutto nello spiegare, lineare ed efficace – ci chiese in maniera retorica cosa fosse un’ulcera, dandoci immediatamente la risposta: È una ferita che non guarisce mai.
Da (quasi) anatomopatologo, mi permetto di dissentire; ma sono quisquilie, di fronte a ferite di altro conto.
Alzi la mano chi oggi non ha mai pensato, più o meno provocato, all’amore.
- Che è quella cosa che fa rima con cuore,
- che fa vendere fiori e cioccolatini,
- che – anche se non sale sul podio – rimane stracantato a Sanremo.
Tutto giusto.
Eppure.
Eppure tutto questo deve pretendere da me lo sforzo di fare un cammino lunghissimo, anche se pare meno di due metri: un passo, un solo passo. Quello che mi fa uscire da me.
- È il passo che faceva trapelare i battiti del cuore delle coppie incrociate in questi giorni: in un buffetto sulla pancia, in due mani che si cercano per intrecciarsi, nei riccioli al vento guardati e sfiorati. (Che io stesso avrei voluto sfiorare).
- È il passo premuroso e buffo di una mamma col suo bimbo, ancora incerto sulle gambe e stupito davanti a un piccione (forse visto per la prima volta!).
- È il passo diversamente luminoso e splendidamente strano di una famiglia dove non esistono legami di sangue, ma si cammina tutti insieme, come fratelli, dietro a un figlio che il Signore ha chiamato a diventare padre. Una famiglia imperfettamente bella come tutte: senza mulini bianchi, ma con tanti giovani sorrisi e qualche passo stanco da sostenere, anche nell’amorevole cura di un nonno.
E la ferita cosa c’entra?
C’entra se, passato san Valentino, passata la festa, l’euforia, l’esaltazione, guardandomi attorno avrò il coraggio di (ri)cominciare da me stesso.
Ancora e ancora:
- in coppia o da single,
- con una compagna o un compagno,
- adolescente con i risvoltini alle prime armi o indurito dall’ennesima relazione inconcludente,
- in una famiglia piena di gente e di rumore
- oppure nella solitudine di chi si vede privato delle radici e non spera nemmeno più in una fioritura primaverile.
Cominciare da me stesso,
là dove mi trovo ora,
dimentico di me per pensare al mondo, all’altro.
È parlare da filosofi?
No: è il racconto della ferita che ciascuno porta.
- È diversa per ognuno.
- Ma guai a non accorgersi di averla.
- Perché va guardata, compresa, anche aperta.
- Contemplata, anche quando fa male.
- Carezzata, anche quando la si vorrebbe ignorare.
Lì si consegna a me quella cosa bellissima che oggi era sulle labbra di tutti: l’amore.
- Una legge che supera ogni regola,
- un pensiero che libera ogni mente,
- una ferita che guarisce lasciandola aperta.
Con una ferita aperta si cammina forse più lentamente.
Ma si arriva esattamente dove quel passo, anche zoppicante, mi deve portare.
A tutti i feriti, a ogni ferito:
- non smettiamo di amare,
- perché solo l’amore ha qualcosa da dire al mondo.
- Solo e soltanto l’amore,
- quella ferita che non guarisce chi la porta,
- ma che guarisce chi la avvicina per leggervi dentro il senso di tutto.
IL SUO PS:
“…un grande grazie ai fratelli che in questi giorni mi hanno aiutato a guardarmi ferito e a rialzarmi, sorridente e innamorato ferito d’amore:
- Dom Benedetto (che gioia riabbracciarti, amico mio!),
- Padre Bernardo (non finirò di dirti grazie),
- Dom Mauro, Dom Stefano, Dom Ildebrando, Dom Pedro, Dom Costantino, Dom Angelico, Dom Placido, padre Agostino, Dom Nicola, Andrea.
IL MIO: