VERSO IL TRAGUARDO ma da RICOMINCIANTI – Angelo Nocent

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VERSO IL TRAGUARDO da RICOMINCIANTI

Trovo in un libro un pezzo di carta. Non è un segnalibro ma un pensiero improvviso scritto da me e che recita così:

67mo compleanno. Da domani sarò in pensione per raggiunti limiti di età. Mi rendo conto che è giunto il momento di uscire allo scoperto. Sono chiamato a rispondere senza indugio a questa domanda: “E tu chi dici che io sia?” (Mc 8, 27-30).

Epperò, dopo anni di studio, ricerca, formazione, dopo aver ascoltato consigli e pareri da parte di tanti, pur avendo quasi il doppio dei suoi anni, mi sento di dire con Dante: “nel mezzo del cammin di nostra vita, mi ritrovai per una selva oscura” (“Inferno” canto I).

E’ un’esperienza che va avanti da sempre quella di sentirmi solo davanti al mondo, solo di fronte a Dio. Del resto, è la condizione dell’essere umano e come me, chissà quanti!

La vita spirituale? Non sembra che sia una monorotaia ma uno dei due binari su cui scorre il treno della vita che sfreccia in un contesto di turbolenze e di caos esistenziale. Dico questo perché le cose da affrontare non sono di poco conto:

  • l’isolamento

  • l’irrequietezza interiore

  • i sentimenti verso il prossimo,

  • il sospetto, insediato nel profondo, sull’esistenza di Dio: quel non credente che c’è in me,

  • la preghiera come senso

Di parole ne ho usate tante, verbali e scritte. Non so bene a cosa siano servite. Forse a guadagnarmi il severo ammonimento di Giovanni Climaco, solitario del Mote Sinai: “Se alcuni sono ancora dominati dalle cattive abitudini precedenti, eppure possono insegnare puramente a parole, lasciate che insegnino…Perché forse, svergognati dai propri detti, cominceranno infine a mettere in pratica ciò che insegnano”.

Oggi, 20 Gennaio 2018, torno con la mente all’ Eremo di San Sebastiano, luogo e anniversario della conversione (cambiamento di rotta) di San Giovanni Dio. Sarebbe bello poter lasciare questa terra in ginocchio, come lui, aggrappati al crocifisso, dopo aver ricevuto il Santo Viatico. Ma sarà come sarà…

Pochi ci fanno caso, ma in questi giorni, vado scrivendo proprio di lui quarantacinquenne, ripercorrendo il suo peregrinare alla ricerca di… E mi viene spontaneo chiedermi: che sarà mai di me, di noi! Di noi, poveri vecchi combattenti, dilettanti allo sbaraglio, figli di questa vecchia Chiesa che amiamo più di una madre, che abbiamo visto improvvisamente ringiovanire sotto i nostri occhi quasi per miracolo, in quei formidabili anni del Concilio Vaticano II, quando ci ha fatto sognare, desiderare, rischiare, sperare…e perfino inciampare, per poi risollevarci con le sue stesse mani.

E’ passata molta acqua sotto il ponte. Dopo tanta strada in salita, sbandate, cadute, risurrezioni, io sono ormai al capolinea. Tanti compagni di cordata sono già saliti in “vetta”, nel cielo di Dio. A chi non piacerebbe chiudere i suoi giorni e poter affermare con l’apostolo Paolo: «Quanto a me, il mio sangue sta per essere sparso in libagione ed è giunto il momento di sciogliere le vele. Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la mia corsa, ho conservato la fede. Ora mi resta solo la corona di giustizia che il Signore, giusto giudice, mi consegnerà in quel giorno; e non solo a me, ma anche a tutti coloro che attendono con amore la sua manifestazione” (2Tim 4, 6-8).

Trovarsi prossimamente alla Divina Presenza con un fagotto di stracci in mano, la camicia battesimale ridotta a un cencio, mette a disagio, fa tremare i polsi. Il Turoldo conosciuto in gioventù, ha lasciato scritto che “tempi malvagi ci sono toccati in sorte, stagioni che non accennano a mutare. Non già questo vivere, ma neppure il morire è ancora umano: la stessa Morte non è più sincera

Forse hai ragione, caro Padre Turoldo, ma io ho l’impressione che ci sìano toccati in sorte i tempi più belli della storia, che è sacra per il Verbo Incarnato che vi ha preso parte e l’ha rimessa sul binario giusto. Il treno in salita fatica, sbuffa, perché è carico di zavorra. Ma ce la farà, ce la farà…Il conduttore della locomotiva è lo Spirito di Gesù che ha promesso di non lasciarci orfani.

Al vegliardo camaldolese Benedetto Calati, uomo di Dio carico di tensione spirituale escatologica, per anni punto di riferimento non solo di monaci ma anche di laici, per i suoi settant’anni, tu gli hai dedicato versi sublimi, quasi apocalittici, fatti di malinconica luce crepuscolare che non viene dai ceri dell’altare ma da una speranza sofferta che ti porti dentro, nonostante tutto. E’ anche la nostra, assomiglia alla mia. Per questo voglio condividerla con i vecchi amici dal volto pallido e dai capelli argentati come i miei, quei pochi rimasti:

Perché la terra torni a sperare

Benedetto, monaco dal volto d’argento,
fratello mio, tempi malvagi
ci sono toccati in sorte: stagioni
che non accennano a mutare.

Non già solo questo
vivere, ma neppure il morire
è ancora umano: la stessa
Morte non è più sincera.

Da lungo sono spenti i candelabri,
il baluginìo delle lampade all’altare
ancora più agita le ombre per tutto
il tempio: è notte, fratello! Una
grande notte incombe sulla Chiesa.

Il Concilio, uno scialo di speranze.
Sempre più rara, dovunque, la Parola;
mentre di inutili parole, a ondate,
rimbomba il mondo.

Non un profeta che alzi il vessillo
della salvezza; gli uomini della pace
sono subito tutti uccisi:
tutta la terra è un arsenale di morte.

Nel denso smarrimento, che almeno
sopravviva la nostra amicizia:
questo evento salvatore di essere
amici in tanto deserto. E tu,

almeno tu, l’Anziano dei secoli,
quale tuo pastorale più vero,
brandisci il cero della pasqua
e innalzalo sul tuo monastero
a rompere la notte:

che anche da lontano guidi
i molti amici che risalgono
le antiche vie dei monaci
nel cuore della foresta
che pur tramanda ancora la eco
di salmodie mai interrotte.

E lassù, insieme, da cella a cella
componiamo nuovi cantici:
perché la terra torni a sperare.

Ma la nostra – diceva il monaco – è vita liturgica, è celebrazione pasquale in atto”.  E’ bellissimo!

Aggiornato di recente1600

Epperò tu, Padre Turoldo, non hai avuto la fortuna di vivere il ministero di Papa Francesco, ascoltare le sue parole, cogliere i suoi gesti. In ogni atteggiamento riecheggia la voce del Concilio.

Quale dono di grazia! Ogni giorno ci fa ripassare la lezione di quell’evento pentecostale, lo ri-anima, lo ri-suscita e ci fa ben sperare. Lo spirito conciliare emerge nitido e chiaro nel suo progetto di Chiesa giovane, aperta al mondo. Dio sia benedetto!

Oggi, nella Messa, Paolo ai Corinzi è stato micidiale:

Questo vi dico, fratelli:

  • il tempo si è fatto breve; d’ora innanzi,

  • quelli che hanno moglie, vivano come se non l’avessero;

  • quelli che piangono, come se non piangessero;

  • quelli che gioiscono, come se non gioissero;

  • quelli che comprano, come se non possedessero;

  • quelli che usano i beni del mondo, come se non li usassero pienamente:

passa infatti la figura di questo mondo! (1Cor 7,29-31)

Il celebrante, nell’omelia, parla dei “RICOMINCIANTI”, verbo inusuale, un’esperienza francese di cristiani smarriti che decidono di ritornare sui loro passi. Il fatto non è nuovo ma io me ne accorgo solo ora. Mi viene ricordato che per riprendersi non è mai troppo tardi. Anche perché, mentre noi per strada ci s’addormenta, lo Spirito veglia al nostro fianco.
Già! Proprio oggi mi è arrivata una bella improvvisa gomitata nel fianco:
sveglia! E’ successo che mi capita di legge un inciso del nuovo arcivescovo Zuppi di Bologna che descrive la situazione della Chiesa locale e dei suoi preti:

  • «Un terzo dei nostri presbiteri hanno più di settantacinque anni»;

  • «alcuni preti hanno sette parrocchie»;

  • «qualche comunità si sente abbandonata»;

  • «La struttura ecclesiale attuale appare non sufficiente a rispondere alle nuove domande».

A questo punto, mi passano tutti i mali, i ripiegamenti su me stesso. Mi faccio coraggio da solo: “Vai tranquillo! – mi dico – Fin che c’è fiato, rema, fai quel poco che puoi! Evviva i RICOMINCIANTI !”.

Grazie, Signore Gesù, So in chi ho posto la mia fiducia (2 Tim. 1, 12).

Mi par di capire che non è tempo di perdersi in chiacchiere. E che il sonno eterno non esiste: nella tua vigna si lavora di qua e si lavorerà anche di là. Sul tuo esempio.

Marana tha Vieni, Signore Gesù!

in Dio

 

 

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5 risposte a VERSO IL TRAGUARDO ma da RICOMINCIANTI – Angelo Nocent

  1. lucetta ha detto:

    All’inizio mi sono un pochino preoccupata, ti percepivo stanco, dubbioso…una sensazione che non mi piaceva…..poi alla fine sei tornato pieno di vigore, l’Angelo di sempre. Hai dimenticato che il Signore ti ha dato già un anticipo della sua chiamata e ti sta lasciando ancora tempo non perché tu ti scoraggi ma perché perseveri fino alla fine. Fra poco alle 15.30 sarò davanti a Lui per un’ora di adorazione e GLI parlerò di te. Fidati.

  2. msilvia2 ha detto:

    Ciao Angelo.
    Grazie sempre di quanto dici, comunichi. Le tue condivisioni sono conforto, speranza…
    Non ho più parole: grazie.
    Ora vivere, pregare , credere…non so proprio il senso.
    Aspettiamo il traguardo, sperando di arrivarci e non fermarci prima.

  3. msilvia2 ha detto:

    <>
    Per questo, vi prego di pregare molto il Signore perchè io gli affidi la mia vita, la mia morte e tutti quelli che vanno alla morte con poca fiducia nella potenza di Dio.

  4. msilvia2 ha detto:

    Tra le virgolette ,era scritto:” Ho trovato e faccio mie le parole del Card. Martini: “…debbo dire che sento molto la fragilità di questa mia fede e il pericolo di perderla.”

  5. angelonocent ha detto:

    E sì, la fede è un dono ma può anche finire nel ripostiglio fra le tante cose inutili che non osiamo buttare, col pensiero che forse…un giorno…potrebbero venir buone…
    Ma mettere l’Amore in quarantena è come voler morire lentamente di anemia.

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