LA NATURA MISTERIOSA DELLA PREGHIERA – Carlo Maria Card. Martini

Questo intervento del mio Arcivescovo era da tempo parcheggiato nelle bozze ma non trovavo mai il momento propizio per pubblicarlo. Forse lo è ora, mentre credenti e non, assistiamo sbigottiti alle tragiche immagini che  propinano le televisioni mondiali.

Ogni giorno che passa, il pregare per me, nel clima degli avvenimenti che affliggono il Giappone ma che hanno ripercussioni a livello planetario, va facendosi sempre pìù difficile.

Non so voi ma personalmente mi sento pervaso da un senso d’impotenza frustrante e di ribellione interiore.

Proprio per questa ragione,  la  riflessione che  propongo può aiutare a farci uscire dalle ristrettezze del nostro orizzonte e introdurci nella dimensione dello Spirito  che intercede per i credenti secondo i disegni di Dio.

E’ richiesto uno sforzo, una concentrazione non facile. Ma bisogna provarci. Ne va della nostra pace interiore nel portare gli uni i pesi degli altri.

LA NATURA MISTERIOSA DELLA PREGHIERA

di S. Em. Card. Carlo Maria Martini

Meditazione ai sacerdoti della diocesi di Milano tenuta il 30 ottobre 1991 a Rozzano diocesi di Milano. Il testo è tratto da: Carlo Maria Martini, Briciole dalla Tavola della Parola, Edizioni Piemme, Casale Monferrato, 1996, pp. 55-61.

Introduzione

Sono stato molto colpito dalla prima lettura della messa feriale di oggi, mercoledì della trentesima settimana «per annum», in particolare dove si dice: «Allo stesso modo anche lo Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza, perché nemmeno sappiamo che cosa sia conveniente domandare, ma lo Spirito intercede con insistenza per noi, con gemiti inesprimibili; e colui che scruta i cuori sa quali sono i desideri dello Spirito, perché egli intercede per i credenti secondo i disegni di Dio» (Romani 8, 26-27).

È un brano che mi ha sempre affascinato, incuriosito anche inquietato, perché non facile da spiegare, in quanto si riferisce alla natura misteriosa della nostra preghiera. Possiamo farci aiutare nella nostra riflessione dalla spiegazione che Agostino dà delle parole di san Paolo.

Nella Lettera a Proba che viene proposta nell’Ufficio di Lettura delle settimane venticinquesima e ventiseiesima del tempo «per anno» – il Vescovo di Ippona risponde alla domanda: Che cosa vuol dire pregare?

A proposito dei vv. 26-27 della Lettera ai Romani po­ne l’obiezione fondamentale: Che cosa significa che lo Spirito intercede per i credenti? E risponde: «Non dobbiamo intendere questo nel senso che lo Spirito santo di Dio, il quale nella Trinità è Dio immortale e un solo Dio con il Padre e con il Figlio, interceda per i santi, come uno che non sia quello che è, cioè Dio» (1).

Dunque, se san Paolo sembra non avere difficoltà ad affermare che lo Spirito santo, cioè Dio, prega Dio, noi però teologicamente l’abbiamo.

Possiamo capire che il Figlio, in quanto incarnato in Gesù, prega il Padre; ma lo Spirito come fa a pregare il Padre?

Dietro a questo problema dogmatico, affrontato da Agostino, c’è poi tutto il problema della preghiera conscia e inconscia, della preghiera di cui ci accorgiamo o meno e quindi il brano della Lettera ai Romani costituisce una porta molto interessante per costringerci a entrare in questo mondo immenso.

Vorrei cercare di socchiudere almeno un poco quella porta incominciando col porre due premesse, quindi riprendendo l’espressione: lo Spirito intercede, prega, geme per noi.

Le due definizioni della preghiera

In una prima premessa richiamo le due definizioni tradizionali della preghiera, che non sembrano andare tanto d’accordo.

 – La preghiera è elevatio mentis in Deum, un elevare la mente a Dio. Il riferimento è anzitutto alla preghiera di lode, di ringraziamento, di esaltazione, quella che troviamo bene espressa nel cantico di Maria: «L’anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio mio salvatore». O, ancora, nella recita del Padre nostro, quando diciamo: «che sei nei cieli», parole che indicano l’innalzamento degli occhi, la dimensione verticale dell’orazione, che sale dal basso verso l’alto.

– L’altra definizione è petitio decentium a Deo, che probabilmente è complementare alla precedente. La richiesta a Dio di ciò che conviene è una preghiera che si esprime soprattutto nella domanda, nella supplica, nell’implorazione, nella petizione. Se circa una metà dei salmi sono di lode e di esaltazione, l’altra metà sono di petizione, di supplica, di richiesta di perdono. Così pure il Padre nostro, se nella prima parte è elevatio mentis in Deum, nella seconda parte è petitio, richiesta di cose convenienti (il pane, la liberazione dalla tentazione, il perdono). Anche l’Ave Maria incomincia con l’elevazione della mente a Maria e a Gesù e poi si fa richiesta di preghiera per noi peccatori.

Ci sono dunque due linee che si intersecano, quella orizzontale e quella verticale, e costituiscono nel loro insieme la preghiera cristiana. Può essere allora utile, parlando della preghiera, mettere a fuoco ora l’uno ora l’altro dei due elementi, che si alternano anche nella nostra esistenza: a volte siamo più portati a elevare la mente a Dio (nel «prefazio» della messa, per esempio), in altri momenti alla petitio decentium a Deo (come nelle orazioni della messa).

Come si realizza questo secondo elemento della preghiera, che è la richiesta di cose convenienti?

Scrive Agostino nella Lettera a Proba: «Il pregare consiste nel bussare alla porta di Dio e invocarlo con insistente e devoto ardore del cuore. Il dovere della preghiera si adempie meglio con i gemiti che con le parole, più con le lacrime che con i discorsi. Dio infatti “pone davanti al suo cospetto le nostre lacrime”(Salmo 55, 9), e il nostro gemito non rimane nascosto (cf. Salmo 37, 10) a lui che tutto ha creato per mezzo del suo Verbo, e non cerca le parole degli uomini» (2).

Risuona la parola di Gesù: Quando pregate, non pensate di ottenere attraverso il vostro molto pregare, perché il Padre sa benissimo ciò di cui avete bisogno. Tuttavia Gesù stesso ci insegna a esprimere i nostri bisogni. Non tanto però – dice Agostino – con la moltiplicazione delle parole in quanto tale, bensì con una moltiplicazione che esprima il gemito del credente. Viene così introdotta la nozione di «gemito» che ritroviamo nella pagina di san Paolo.

Concludendo, la preghiera di richiesta deve partire dal cuore, non va fatta superficialmente, deve essere un gemito, un desiderio profondo. Gemere, infatti, significa anelare a qualcosa di cui si ha estremo bisogno; anche fisicamente il gemito è l’espressione di chi, mancando di aria, cerca di aspirarla.

Che cos’è conveniente chiedere nella preghiera

Una seconda premessa, limitandoci alla preghiera di petizione: che dobbiamo chiedere? La formula patristica dice: decentium, cose convenienti. E comincia il problema: che cosa ci conviene? Perché Dio non ci dona ciò che non conviene, pur se lo domandiamo. Non a caso Matteo conclude la riflessione sulla preghiera con queste parole: «quanto più il Padre vostro celeste darà cose buone a coloro che gliele chiedono», cose che convengono (Matteo 7, 11).

Paolo insegna che noi non sappiamo che cosa ci con­viene («Nemmeno sappiamo che cosa sia conveniente domandare») e quindi dobbiamo istruirci sulle cose convenienti per poter pregare bene.

I Padri insistono soprattutto su una cosa conveniente, che esprimono con un’unica parola, ben indicata nella Lettera a Proba: «Quando preghiamo non dobbiamo mai perderci in tante considerazioni, cercando di sapere che cosa dobbiamo chiedere e temendo di non riuscire a pregare come si conviene. Perché non diciamo piuttosto col salmista: “Una cosa ho chiesto al Signore, questa sola io cerco: abitare nella casa del Signore tutti i giorni della mia vita, per gustare la dolcezza del Signore e ammirare il suo santuario” (Salmo 26, 4)?».

E Agostino specifica: si tratta della «vita beata» (3). Tale formula sintetica ha il vantaggio di una lunga tradizione filosofica: parte da Aristotele, è ripresa dallo stoicismo, riappare in Cicerone, è usata da Ambrogio.

La sola cosa che dobbiamo chiedere, l’unico oggetto fondamentale della richiesta è la vita beata, la vita felice. Continua la Lettera a Proba:

«Per conseguire questa vita beata, la stessa vera Vita in persona ci ha insegnato a pregare, non con molte parole, come se fossimo tanto più facilmente esauditi, quanto più siamo prolissi (…).

Potrebbe sembrare strano che Dio ci comandi di fargli delle richieste quando egli conosce, prima ancora che glielo domandiamo, quello che ci è necessario. Dobbiamo però riflettere che a lui non importa tanto la manifestazione del nostro desiderio, cosa che egli conosce molto bene, ma piuttosto che questo desiderio si ravvivi in noi mediante la domanda perché possiamo ottenere ciò che egli è già disposto a concederci (… ).

 Il dono è davvero grande, tanto che né occhio mai vide, perché non è colore; né orecchio mai udì, perché non è suono; né mai è entrato in cuore d’uomo, perché è là che il cuore dell’uomo deve entrare (…).

E perciò che altro vogliono dire le parole dell’Apostolo: “Pregate incessantemente” (1 Tessalonicesi 5, 17) se non questo: desiderate, senza stancarvi, da colui che solo può concederla, quella vita beata che niente varrebbe se non fosse eterna?» (4).

La domanda che Dio esaudisce sempre, la domanda che è oggetto di gemito è la pienezza della vita, la vita eterna.

 Ogni richiesta che non è orientata a questa non è conveniente e non può né deve essere oggetto di preghiera.

E quando non sappiamo se ciò che chiediamo è o non è ordinato alla vita beata, allora lo è sotto condizio­ne, lo è se e in quanto ci è utile per tale vita.

Mi sembra molto importante capire qual è la cosa fondamentale nella quale si riassume ogni nostro desiderio e ogni nostra richiesta. Noi, uomini e donne, noi persone umane storiche, siamo ciò che desideriamo; il nostro desiderio è il farsi della personalità. Se dunque il nostro desiderio culmina in questa pienezza di vita, diventiamo davvero in Cristo questa pienezza di vita.

Ma se i nostri desideri sono limitati, inferiori, noi stessi finiamo con l’essere persone limitate, blocchiamo il nostro sviluppo verso la pienezza della vita.

Forse a noi dice poco il termine «vita beata» che, invece, era tanto significativo per gli antichi. Lo stesso Nuovo Testamento usa un’altra espressione: «Regno di Dio»; le richieste «venga il tuo Regno», «sia fatta la tua volontà» sottolineano dunque che il desiderio e le invocazioni della seconda parte del Padre nostro sono subordinate al Regno, sono mezzi, condizioni per il suo avvento. E ancora, il Nuovo Testamento parla di «Spi­rito santo».

Gesù, conclude l’istruzione sulla preghiera nel vangelo secondo Luca, dopo aver esortato a cercare, a bussare, a chiedere, con queste parole: «Se dunque voi che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro celeste darà lo Spirito santo» (Matteo dice: «cose buone») «a coloro che glielo chiedono» (Luca 11, 13). L’oggetto della domanda è lo Spirito santo, che significa la vita con Cristo, l’essere con lui, la pienezza della vita beata che consiste nell’essere incorporati per sempre a Gesù nella Chiesa.

Le diverse espressioni (vita beata, Regno, Spirito santo) in realtà si completano, si integrano, si sovrappongono come l’oggetto fondamentale della preghiera di domanda, e quindi come l’oggetto del gemito, dell’attesa.

Proclamando, per esempio: «nell’attesa della tua venuta», esprimiamo il nostro desiderio di fondo, cioè che la pienezza del Regno si realizzi, che lo Spirito santo venga e purifichi ogni realtà, che l’umanità si ritrovi presto nella vita beata, nella perfetta pace e nella perfetta giustizia. Sant’Ambrogio usa anche un altro termine: il bene sommo, summum bonum, che ha forse il vantaggio di dire insieme l’essere di Dio e il suo comunicarsi a noi nello Spirito, nel Regno, in Gesù, nella Chiesa, nella Grazia, nella pienezza della redenzione.

Questo dunque è ciò che dobbiamo chiedere, con  assoluta certezza di ottenerlo, alla luce della Sacra Scrittura e dell’insegnamento dei Padri.

 

[1] Lettera a Proba 130, 14, 27 – 15, 28; CSEL 44, 71-73.
[2]  Ibid., 130, 9, 18 – 10, 20: CSEI. 44, GO-63
[3]
 130, 8, 15.17 – 9, 18: CSEL 44, 56-57.59-60
[4]
 Ibidem.

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16 risposte a LA NATURA MISTERIOSA DELLA PREGHIERA – Carlo Maria Card. Martini

  1. angelonocent ha detto:

    Pope Benedict XVI prays for victims in Japan

    Dal libro di Ester (Es 4,17)

    Tu sei benedetto, Dio di Abramo, Dio di Isacco, Dio di Giacobbe.

    Vieni in aiuto a me che sono sola e non ho altro soccorso
    all’infuori di te, o Signore, perché un grande pericolo mi sovrasta.

    Io ho sentito dai libri dei miei antenati, Signore, che tu liberi
    fino all’ultimo tutti coloro che compiono la tua volontà.

    Ora, Signore, mio Dio, aiuta me che sono sola e non ho
    nessuno all’infuori di te.

    Vieni in soccorso a me, che sono orfana, e poni sulle mie labbra
    una parola opportuna davanti al leone, e rendimi gradita a lui.

    Volgi il suo cuore all’odio contro chi ci combatte, a rovina sua
    e di quanti sono d’accordo con lui.

    Quanto a noi, liberaci dalla mano dei nostri nemici, volgi il nostro
    lutto in gioia e le nostre sofferenze in salvezza.

  2. lucetta ha detto:

    Ascoltiamo don Dolindo
    Il flagello corregge i popoli
    Se il castigo peggiora i popoli, il Signore perché lo manda? Rispondiamo: forse tu non correggi tuo figlio discolo solo perché ti si ribella? E non hai il dovere di chiamargli il medico quando è infermo, sebbene egli poi per sua malizia abusa della medicina? Tu anzi lo minacci e lo sgridi con voce più forte perché non ne abusi. Se ti si è imputridito il cibo nella pentola lo lascerai stare, solo perché versandolo puzza maggiormente? Può il re lasciar correre per la loro via i delinquenti solo perché nelle prigioni lo malediranno?
    Il Signore ha un’immensa pazienza nel tollerarci e attenderci a penitenza, ma quando le iniquità raggiungono il colmo, Egli, per giustizia, per l’ordine stesso del mondo e per la sua gloria non può tollerarle. Il flagello non accresce le colpe, strettamente parlando, ma ne manifesta la virulenza, e la misericordia di Dio lo permette sia per farle espiare salutarmente, sia per suscitare poi il rimedio che le elimini. Dobbiamo pure aver fede nell’infinita bontà di Dio, e non presumere noi, piccoli vermi, di giudicare le vie arcane della sua ammirabile Provvidenza.
    Nel tempo delle tribolazioni dobbiamo solo pregare, riparare, adorare e ringraziare, chiudendo gli occhi su quello che vediamo e abbandonandoci interamente a Dio.
    Noi giudichiamo secondo le apparenze, e non possiamo valutare tutti i frutti che il Signore raccoglie anche nelle tribolazioni, e i germi di nuove grazie e misericordie che semina attraverso il dolore. Lasciamoci guidare da Lui, e se ci sembra veramente che il mondo, nel flagello, peggiori, miglioriamoci noi. ±

  3. lucetta ha detto:

    Ascoltiamo don Dolindo
    Nelle tribolazioni, l’uomo può smarrirsi…
    Vi sono certi momenti della vita nei quali i mali, le sventure, le prove, le angustie incalzano l’una sull’altra senza tregua, e nei quali non si vede alcuna via di uscita. Il cielo è di piombo, come in quelle lamentose giornate d’inverno, nelle quali la pioggia cade ininterrottamente, monotonamente, molestamente, quasi s’indispettisse contro la terra, senza che si riesca a capire la ragione di quel continuo rovescio di acque. Tutto va storto, tutto va a dispetto, e le preghiere sembrano vane, anzi per maledetta suggestione diabolica sembrano inutili e persino nocive. Si diventa pessimisti e si vede tutto nero, perché nelle pesanti nubi del dolore non si vede neppure la più piccola zona rischiarata, e l’orizzonte è chiuso.
    L’anima si sente tra nemici, e le persone più care le danno fastidio con le stesse parole di conforto che dicono, perché sembrano fuori della realtà, o addirittura appaiono ciniche e finte. La fede, la speranza, l’amore, la preghiera, tutto è come morto in lei; il mondo le appare come un ammasso di violenze, di soprusi, di ingiustizie, e rimane tormentosamente incerta innanzi alla provvidenza di Dio.
    È proprio in questi momenti che l’anima deve maggiormente adorare, amare e benedire Dio, chiudendo completamente gli occhi su tutto quello che l’assilla e confidando in Lui nella più profonda umiltà. Invece di ragionare in quei momenti nei quali proprio la ragione vacilla, deve chiudere gli occhi e pregare confidando.
    Sono momenti preziosi nei quali si può testificare a Dio la propria sudditanza e il proprio filiale omaggio, sono momenti nei quali si ha in mano la penna d’oro per scrivere nel libro della vita l’attivo più bello, e coprire tutto il passivo delle nostre misere azioni; sono momenti nei quali dal cuore diventato selce e percosso dall’angustia, può sprizzare la più bella favilla di amore, apprezzando e lodando Dio, pur sentendolo lontano e severo.
    Che cosa posso capire io, mio Dio, del modo arcano con il quale tu conduci l’anima mia nelle vie dell’eterna gloria? Che cosa pos-so intendere dei tuoi misteriosi disegni su di me, povero atomo? Tu sai tutto, tu vedi tutto, tu provvedi a tutto, ed io confido nella tua potenza, nella tua sapienza e nel tuo amore, o santissima Trinità! Mi circonda e mi assilla il dolore, ed io non so capirne il perché, la mia povera natura vi ripugna, il mio povero cuore ne geme, ma io so che tutto sta nelle tue provvide ed amorose mani, e confido in te adorandoti ed amandoti.
    Potrei io mai intendere l’ordine del firmamento, la ragione dei suoi urti colossali e l’armonia delle sue silenziose vie, io che ne sono tanto lontano? Potrei intendere io il misterioso mondo dell’infinitesimale, io che ho l’occhio così limitato? La mia vita è un fir-mamento e un microcosmo, ha le sue linee colossali e le sue invisibili sfumature, io non ho la potenza di abbracciare le prime e penetrare le seconde, e perciò ti adoro profondamente e mi affido alla tua mano potente, alla tua sapienza infinita e al tuo penetrante amore, che guarda le più umili cose come guarda le eccelse.

  4. Deborath ha detto:

    Ciao, Angelo, in occasione di questo post sulla preghiera, è troppo ardito chiedere a te e a tutti i globulini una preghiera speciale per un ragazzo che veniva con me al catechismo e che ora sta male????
    Si chiama Giuseppe, potete tenerlo presente nelle vostre preghiere????
    Grazie di cuore a tutti coloro che vorranno sostenere lui e la sua famiglia in questa difficile prova….

  5. angelonocent ha detto:

    Deborath, è il minimo che possiamo fare.
    Se un bambino ci chiede un pane gli diamo un sasso?
    Se ci chiede un pesce gli diamo uno scorpione?
    Se ha bisogno di guarigione, gli diamo il medico e lo affidiamo a Dio.
    L’oggetto della domanda è sempre “lo Spirito santo, che significa la vita con Cristo, l’essere con lui, la pienezza della vita beata che consiste nell’essere incorporati per sempre a Gesù nella Chiesa”.

    Nella lettera di San Giacomo, cap. 5 cosa si legge?

    5,13 . Se qualcuno di voi è nella sofferenza, preghi.
    Se invece qualcuno è contento, lodi il Signore cantando salmi.
    14Se qualcuno di voi è malato, chiami i responsabili della comunità. Essi preghino per lui e lo ungano con olio, pregando il Signore. 15Questa preghiera, fatta con fede, salverà il malato, e il Signore gli darà sollievo. Inoltre, se il malato avesse commesso dei peccati, gli saranno perdonati. 16Confessatevi a vicenda i vostri peccati e pregate gli uni per gli altri, così che possiate guarire. La preghiera sincera di una persona buona è molto potente.

    17Il profeta Elia era soltanto un uomo, come noi. Egli pregò con insistenza chiedendo che non venisse la pioggia, e non piovve sulla terra per tre anni e sei mesi. 18Poi pregò ancora, chiedendo che piovesse, e dal cielo venne la pioggia, e la terra fece crescere i suoi frutti.

    19Fratelli miei, se uno si è allontanato dalla verità e un altro lo riporta sulla giusta strada, 20sappiate quel che vi dico: chi aiuta un peccatore ad abbandonare la strada sbagliata lo salverà dalla morte e otterrà per lui il perdono di molti peccati. ”

    E’ Parola di Dio.

    SOSS, AL LAVORO!
    Chi meglio di San Giuseppe può capire e farsi carico dei problemi di Pinuccio?
    San Giuseppe, prega con noi.

  6. Deborath ha detto:

    Grazie infinite, amici miei…
    Sai, Angelo, i suoi ex compagni di classe di elementari e medie, nonchè il mio ex gruppo preferito di catechismo (quello di cui tanto ho parlato nel mio blog e di cui avevo così tanta nostalgia…) mi hanno contattato su fb per chiedermi se potevamo incontrarci tutti insieme per pregare per lui…
    Richiesta che mi ha riempito enormemente di gioia… Le voci dei ragazzi giungono prima a Dio di quelle di noi adulti e così, ho accettato con un peso sul cuore per Giuseppe, ma con tanta speranza, datami dai suoi amici e compagni… Domani ci vediamo alle 4 a pregare per lui nella piccolissima chiesetta del Rosario http://www.panoramio.com/photo/23152468

  7. silvia ha detto:

    Tra poco è il 19 marzo. S.Giuseppe.
    Prego con voi, con Deborath in particolare, per il suo amico Giuseppe.
    [b]San Giuseppe, prega con noi![/]

  8. lucetta ha detto:

    Sono presente!!!!!!Non aggiungo altro. Con i post sul pensiero di don Dolindo…..mi sembra di aver detto tutto quello che mi passa nel cuore.

  9. angelonocent ha detto:

    Deborath, hai l’opportunità di far sentire ai tuoi ragazzi la presenza invisibile ma reale dello Spirito Santo che non grida ma sussurra.

    – Ricorda loro le parole del Signore: lo ha detto Lui che “dovunque due o tre sono riuniti” nel suo nome lì è la sua presenza (Matteo 18:20);

    – ricorda loro che dove le persone si riuniscono nel nome di Gesù, lì c’è la Chiesa di Cristo, non importa se si tratta di uno scantinato, un luogo pubblico, una riunione fatta in segreto a causa delle persecuzioni, un incontro di evangelizzazione, con pochi partecipanti o con molti: ciò che rende l’insieme dei credenti una “Chiesa” è il Signore Gesù.

    – Fai percepire loro la discreta presenza di Maria e di suo marito Giuseppe che ha fatto crescere Gesù con tanto amore. Entrambi si prenderanno a cuore anche il loro compagno Giuseppe.

    – Fai comprendere loro che dove c’è lo Spirito Santo, lì c’è tutto il Cielo che si apre alla Terra, ai suoi dolori, alle sue pene…

    – Ricorda loro l’esperienza di Elia sul monte Horeb (I Re 19:11-13), “la voce di Dio era come un dolce sussurro”:

    “Elia entrò in una caverna per passarvi la notte, quand’ecco gli fu rivolta la parola del Signore in questi termini: “Che cosa fai qui, Elia?”. Egli rispose: “Sono pieno di zelo per il Signore, Dio degli eserciti, poiché gli Israeliti hanno abbandonato la tua alleanza, hanno demolito i tuoi altari, hanno ucciso di spada i tuoi profeti. Sono rimasto solo ed essi cercano di togliermi la vita”.
    Gli disse: “Esci e férmati sul monte alla presenza del Signore”.
    Ed ecco che il Signore passò.

    Ci fu un vento impetuoso e gagliardo da spaccare i monti e spezzare le rocce davanti al Signore, ma il Signore non era nel vento.
    Dopo il vento, un terremoto, ma il Signore non era nel terremoto.
    Dopo il terremoto, un fuoco, ma il Signore non era nel fuoco.
    Dopo il fuoco, il sussurro di una brezza leggera.

    Come l’udì, Elia si coprì il volto con il mantello, uscì e si fermò all’ingresso della caverna. Ed ecco, venne a lui una voce che gli diceva: “Che cosa fai qui, Elia?” (1 Re 19, 11-19)

    VENTO, TERREMOTO, FUOCO…è l’esperienza che si vive qui, in Giappone, proprio in questi giorni.
    Ma il Signore non è nel vento, nel terremoto, nel fuoco, nel nucleare…

    La stessa domanda la sentirete tutti ripetere: “Che cosa fate qui, nella chiesetta del Rosario?”– Ricorda loro che all’appuntamento sono presenti anche i SOSS-Silenziosi Oranti Solidali Sorridenti, sparsi nel mondo, da un capo all’altro del pianeta: E’ LA COMUNIONE DEI SANTI: CIELO E TERRA CONVERGONO.

    Anche questa volta succederà lo stesso: i ragazzi diranno: “la voce di Dio era come un dolce sussurro”.
    Ma attenzione: udibile se c’è un silenzio desertico e nello sguardo lo stupore di un Dio così accessibile.

  10. lucetta ha detto:

    Caro Angelo, clicca su questo link, ascolta e dimmi se condividi o no. Il tuo parere mi interessa molto. Grazie.

    http://www.vip.it/radio-maria-tragedia-in-giappone-castigo-divino-video/

  11. angelonocent ha detto:

    Cara Lucetta, grazie per la segnalazione.
    Il sunto del video è questo:

    “Radio Maria: “La tragedia del Giappone? E’ il giusto castigo di Dio”

    “Le grandi catastrofi sono una voce paterna della volontà di Dio, che ci richiama al fine ultimo della nostra vita. Se la terra non avesse catastrofi, eserciterebbe su di noi un fascino irresistibile, e non ricorderemmo che siamo cittadini del cielo.

    In secondo luogo, come osserva l’arcivescovo di Rossano Calabro, le catastrofi sono i giusti castighi di Dio.

    Alla colpa del peccato originale si aggiungono le nostre colpe personali e quelle collettive, e mentre Dio premia e castiga nell’eternità, è sulla terra che premia o castiga le nazioni”: dal blog Razio Cigno ascoltiamo il noto studioso, il vicepresidente del Consiglio Nazionale delle Ricerche Roberto De Mattei, che ci spiega su Radio Maria quali sono le cause del terremoto in Giappone. Altro che Don Livio Fanzaga…”

    Gli interrogativi sollevati sono quelli che assillano tutti giorni me e chissà quanti al mondo.

    Mentre io fatico a trovare le risposte, lo scienziato Roberto di Mattei e l’Arcivescovo di Rossano Calabro che presumo abbia anche un nome che qui non viene menzionato, le idee chiare le hanno e non esitano a fornirci le risposte del loro RATIO CIGNO. Risposte che, peraltro, suscitano nuovi nterrogativi. Non ho nè tempo nè voglia di elencarli; dico solo che si rischia di innescare un meccanismo senza fine di obiezioni, critiche, incomprensioni e divisioni.
    Cui prodest? A chi può giovare?

    Se Radio Maria ce l’ha col Falsario, è legittimo che il Diavolo, a sua volta, ce l’abbia con Radio Maria che non è un dogma, non è preservata dal peccato originale ed è fatta di comuni mortali che possono anche eccedere nella foga del dire. Qui stranamente lo scienziato, credente, sente il bisogno di mettersi a fare il teologo. Ma prende in prestito dall’Arcivescovo. Mi auguro che il Prelato, a sua volta, non si metta a fare lo scienziato attingendo da Roberto De Mattei. L’unico che ci guadagna è Padre Livio che ne esce come un “moderato”: “…Altro che Don Livio Fanzaga…” !

    Dal mio piccolo osservatorio percepisco invece che vi sono due pagine del Vangelo in azione:

    Matteo 6,25-34
    25 Perciò vi dico: per la vostra vita non affannatevi di quello che mangerete o berrete, e neanche per il vostro corpo, di quello che indosserete; la vita forse non vale più del cibo e il corpo più del vestito? 26 Guardate gli uccelli del cielo: non seminano, né mietono, né ammassano nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre. Non contate voi forse più di loro? 27 E chi di voi, per quanto si dia da fare, può aggiungere un’ora sola alla sua vita? 28 E perché vi affannate per il vestito? Osservate come crescono i gigli del campo: non lavorano e non filano. 29 Eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro. 30 Ora se Dio veste così l’erba del campo, che oggi c’è e domani verrà gettata nel forno, non farà assai più per voi, gente di poca fede? 31 Non affannatevi dunque dicendo: Che cosa mangeremo? Che cosa berremo? Che cosa indosseremo? 32 Di tutte queste cose si preoccupano i pagani; il Padre vostro celeste infatti sa che ne avete bisogno. 33 Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta. 34 Non affannatevi dunque per il domani, perché il domani avrà già le sue inquietudini. A ciascun giorno basta la sua pena.

    La seconda: Matteo 25,31-46 ossia la carità in atto. Si potrebbe dire che qui, sul posto, in questo momento è in azione alla grande il cosiddetto VANGELO DEGLI ATEI (non intendo dire che i Giapponesi sono atei ma prevalentemente non cristiani), anch’essi figli dello stesso Padre:

    “In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: “Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria con tutti i suoi angeli, si siederà sul trono della sua gloria. E saranno riunite davanti a lui tutte le genti, ed egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dai capri, e porrà le pecore alla sua destra e i capri alla sinistra.
    Allora il re dirà a quelli che stanno alla sua destra: Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo. Perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi.
    Allora i giusti gli risponderanno: Signore, quando mai ti abbiamo veduto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando ti abbiamo visto forestiero e ti abbiamo ospitato, o nudo e ti abbiamo vestito? E quando ti abbiamo visto ammalato o in carcere e siamo venuti a visitarti?

    Rispondendo, il re dirà loro: In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me.”

    Ogni giorno guardo la televisione con stupore e le lacrime agli occhi perché constato che la carità non è monopolio dei cristiani. E’ invece l’azione dello Spirito in ogni persona.

    Il video – viene rimarcato che è più audace perfino di Padre Livio – non mi provoca contentezza, ma un senso di fastido. Fino’ora non ho letto che i Vescovi dei territori colpiti da terremoto, tsunami e rischi nucleari, si siano espressi in tale modo e, sinceramente, mi auguro non lo facciano, lasciando che il mistero insondabile resti tale.
    Preferisco inginocchiarmi davanti ad esso e supplicare la Provvida Mano di Dio perché l’olocausto giovi sia all’Oriente, teatro della tragedia che all’Occidente, teatro degli azzardati commenti in nome del “RATIO CIGNO”.

  12. fabiana ha detto:

    Caro Angelo,
    sono d’accordo con te.
    Non vedo nessun castigo dalla mano di Dio.
    La natura ha le sue leggi e i suoi disastri da sempre e non vedo perché un popolo sia migliore o peggiore dell’altro e debba essere punito … perché esiste.
    Il Vangelo che citi è uno dei pezzi più belli:
    di richiamo a chi crede di essere sempre a posto, ma Gesù non li riconosce e di stimolo per chi si muove amando i propri fratelli anche se non se ne accorge.
    Vangelo laico, più che degli atei.
    E’ un pezzo che io amo molto.
    Di fronte ai fratelli sofferenti sia in Giappone che in Libia che qui, in Italia, solo una gran compassione e una vicinanza amorevole.
    Gesù farebbe così
    Ciao Angelo, il Signore ti benedica.

  13. lucetta ha detto:

    Grazie Angelo INFINITAMENTE !!!!
    Volevo solo chiarire che l’arcivescovo, a cui fa riferimento il sig. Roberto De Mattei ,si chiamava ORAZIO MAZZELLA e fu arcivescovo di Rossano Calabro dal 24 marzo 1898 al 14 aprile 1917 .
    Mi è sembrato doveroso precisarlo. Ancora grazie sia a te che a Fabiana per i vostri commenti.

  14. silvia ha detto:

    Grazie, lucetta,Angelo, Fabiana.
    Sono in piena sintonia con voi.
    Sto soffrendo e offrendo molto in questi giorni.
    Il Giappone , la Libia e ogni altra sofferenza, tutto offriamo con amore alla Sua Misericordia infinita.
    Ripeto le parole di Fabiana: una gran compassione e una vicinanza amorevole.
    Grazie ancora.
    E…una preghiera per la mia croce senza fine!

  15. Silvia ha detto:

    Ho trovato uno spazio qui, il cui tema sembra essere la preghiera.
    Questa notte chiedo a SOSS una preghiera forte e insistente.
    La vita ha vari momenti e presenta sempre nuove prove.
    Chiedo ai Globuli della Compagnia di fare uno sforzo ancora.Bussare, con insistenza, perchè il cielo si apra e…faccia qualcosa.
    Un figlio in pericolo costante. Un uomo. 46 anni.
    Noi, i genitori, vecchi, stanchi, provati.
    Offriamo preghiere insistenti: mettiamo nella preghiera tutti i poveri che Lui, il Signore sa!.
    Chiediamo con fede fiduciosa l’intercessione di Maria.
    Ieri, mio marito ed io abbiamo silenziosamente e nascostamente, pregato “la supplica” alla Madonna del Rosario.
    ……………………………………………………..
    Grazie.

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